La vita è un telefilm

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    La vita è un telefilm
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    La televisione, si sa, è maestra di vita. Soprattutto in Italia. E quale modo migliore per celebrare la funzione didattica dell’(ex) tubo catodico di una raccolta delle migliori battute dei telefilm statunitensi?

    "La vita è un telefilm. La saggezza del nuovo millennio nelle 2020 migliori battute delle grandi serie televisive" (Garzanti, pp. 200, euro 15,00) di Leopoldo Damerini e Chiara Poli raccoglie più di 2000 frasi memorabili, organizzandole per area tematica, il che aiuta molto quando si vuol sapere cosa ne pensi Fonzie del matrimonio. Tra amore, politica, denaro e guerra, le perle di saggezza qui contenute sapranno illuminarvi su tutti gli argomenti più in voga nei dibattiti televisivi.

    Gli autori, Damerini e Poli, non sono nuovi a questo genere di raccolte. Il primo è co-autore del "Dizionario dei telefilm" e ha fondato l’accademia dei telefilm, mentre la seconda ha scritto “Ammazzavampiri - La prima guida italiana al serial TV Buffy”, e si occupa di ricerca sui meccanismi dell’intrattenimento seriale.

    «Anche se lo specchio davanti al quale vi esercitavate non rifletteva la stessa immagine degli originali» - chiosano gli autori de “LA VITA È UN TELEFILM” - «avete sognato ad occhi aperti. Giorno dopo giorno, puntata dopo puntata. Siete arrivati là, dove nessun telespettatore è mai giunto prima. Poi l'America si è risvegliata sotto le ceneri dell'11 settembre e gli Happy Days sono finiti. Una ventata di stringente realismo ha invaso le strade dei telefilm, gli incroci, gli uffici, le case. E i nostri salotti. Le nostre tv. È cambiato il linguaggio. Siamo cambiati noi. E con noi sono cambiati i personaggi da amare. Se un tempo avevamo adottato Arnold, di recente abbiamo cominciato a seguire i pompieri di Squadra Emergenza sotto le Torri Gemelle, le minacce del terrorismo di Sleeper Cell, le trincee in Iraq di Over There. Se un tempo bastava uno schioccar di dita di Fonzie per conquistare le ragazze in un drive-in, simbolo del divertimento, oggi ci si immedesima nei travagli d'amore dei dottori di Grey's Anatomy in ospedale, luogo dove si consumano la vita e la morte. Ci siamo ritrovati come al centro della stanza degli specchi ne La Signora di Shangai di Orson Welles: riflessi da ogni angolatura, dove è impossibile sfuggire al nostro stesso sguardo. I telefilm si sono trasformati sempre più in sentinelle delle nostre coscienze, in cartine da tornasole, in bandiere di quello che siamo. La vera "Second Life" si dispiega nelle serie tv. Bivi ed incroci al fianco dei nostri alter ego, dove scegliere insieme a loro come in un gioco virtuale, con i finali sospesi che ci lasciano immaginare (e aspettare, trepidanti) fino alla puntata successiva.
    Con il passare del tempo, quelle creature che ci hanno accompagnati dagli albori della tv hanno travalicato il piccolo schermo, sedendosi di fianco a noi. Non più solo sul divano: in tram, in macchina, in ufficio, al bar, in palestra, a letto prima di prendere sonno. Addirittura, si sono permessi di entrare al cinema. Hanno cominciato a parlarci. Hanno scosso le coscienze, i sentimenti, le emozioni. E dai battibecchi fra George e Mildred siamo arrivati alle confessioni del serial killer Dexter, passando dal Pianeta delle scimmie e da Twin Peaks. Perché, in fondo, “Quando uno corre sull'autostrada della vita deve dimenticare i limiti di velocità e deve andare a tutto gas!”. Fonzie dixit».

     
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